In ambito vendite e marketing, ci si imbatte spesso nel termine pain points. È un’espressione semplice, ma racchiude una parte essenziale del lavoro di chi comunica con il mercato. Un pain point è un problema concreto, un ostacolo o una frustrazione che una persona sperimenta durante la ricerca, la valutazione o l’utilizzo di un prodotto o servizio. Gartner li definisce come problemi persistenti o ricorrenti che influenzano la percezione e il comportamento dei clienti, sia attuali che potenziali.
Intercettare un pain point significa comprendere un frammento della realtà del cliente. Non un bisogno generico, ma un problema che ha un impatto immediato sulle sue scelte. Questa è, forse, la parte più rilevante: i pain points sono tangibili, ed emergono nelle conversazioni con il reparto commerciale, nei ticket del supporto, nelle recensioni o nei dati del customer journey. Un’azienda capace di individuarli e interpretarli correttamente riuscirà a comunicare in modo più mirato, utile e credibile.
Rilevanza dei pain points nel marketing
Un pain point, per sua natura, influenza il modo in cui il prospect valuta un’offerta. Se un software è considerato difficile da usare, se un servizio è percepito come lento o se il supporto non viene ritenuto affidabile, quel disagio crea un freno (spesso inconscio) alla conversione. Rilevarlo in anticipo permette di districare la situazione sin da principio. I problemi più comuni, di solito, riguardano costi, inefficienze, complessità dei processi e mancanza di supporto adeguato.
Nel marketing, tutto questo si traduce in tre vantaggi principali:
- Maggiore comprensione del cliente: parlare dei suoi problemi, e non solo delle proprie soluzioni, rende la comunicazione più precisa e costruisce fiducia.
- Possibilità di differenziarsi: molte aziende descrivono il proprio prodotto, poche entrano nel merito di ciò che il cliente vive davvero.
- Capacità di ridurre gli attriti durante il percorso d’acquisto: l’analisi dei pain points permette di rimuovere la maggior parte degli ostacoli nelle fasi di scoperta, valutazione e conversione.
Quando si affrontano i pain points in modo trasparente e propositivo, il messaggio cambia tono, focalizzandosi sull’esperienza più che sui benefici del prodotto.
Principali categorie di pain points
Anche se ogni settore porta con sé problematiche specifiche, si possono individuare quattro grandi categorie di pain points. La prima riguarda gli aspetti economici: il costo percepito, le difficoltà nel giustificare l’investimento, il timore di non ottenere un ritorno adeguato.
La seconda categoria è legata alla produttività. Qui rientrano tutte quelle attività che richiedono troppo tempo, troppa attenzione o troppi passaggi. È uno dei temi più frequenti in ambito B2B.
La terza categoria riguarda i processi. Alcune aziende hanno procedure interne rigide, approvazioni lente, oppure workflow difficili da gestire. Il cliente percepisce il processo come macchinoso e cerca alternative più fluide. Questo tipo di pain point emerge chiaramente in numerose analisi dei customer journey e nei report sulla gestione dell’esperienza utente.
L’ultima categoria è quella del supporto. I clienti si aspettano un’assistenza veloce, chiara e competente. Quando non la trovano, quel disagio pesa tanto quanto un problema relativo al prezzo. L’efficacia del supporto è pertanto da considerarsi uno dei fattori principali per creare un rapporto di fedeltà e fiducia.
C’è da precisare che un singolo problema può rientrare in più categorie, e spesso il cliente non lo formula con precisione, per questo motivo interpretare correttamente i segnali è fondamentale.
Come identificare i pain points del cliente
Individuare un pain point richiede un approccio metodico. La prima fonte di informazioni è sempre il contatto diretto: interviste, ricerche di mercato, focus group. Capire come un cliente descrive la sua difficoltà permette di cogliere sfumature che i dati quantitativi non mostrano.
Accanto alla ricerca diretta, c’è il contributo del team commerciale e del supporto clienti. Sono le persone che ascoltano quotidianamente dubbi, obiezioni e lamentele. In particolare, il reparto vendite è spesso il punto di osservazione privilegiato per intercettare i problemi ricorrenti.
Un’altra fonte preziosa di dati proviene dalla mappatura del customer journey. Le aziende che si prendono il tempo di tracciare tutte le fasi dell’interazione (dalla scoperta alla decisione, fino alla relazione post-vendita) riescono a identificare punti di attrito che altrimenti passerebbero inosservati. I paper dedicati alla customer experience mostrano in modo chiaro quanto il cliente viva l’esperienza in modo non lineare, e quanto sia facile perderlo nelle fasi intermedie se emergono frustrazioni.
Infine, c’è il patrimonio dei feedback spontanei: recensioni, commenti sui social, ticket di assistenza e conversazioni registrate durante le demo rappresentano una miniera di insight, raccontando problemi reali, non filtrati da domande predisposte.
Come trasformare i pain points in strumenti di marketing
Una volta individuati, i pain points diventano la base per costruire una comunicazione più efficace. La prima cosa da fare è inserirli nella definizione delle buyer personas, perché non tutti i segmenti soffrono dello stesso problema. Alcuni sono più sensibili alla rapidità, altri al prezzo, altri ancora alla semplicità operativa. Conoscere il pain specifico del proprio pubblico aiuta a impostare messaggi diversi a seconda delle priorità.
La produzione dei contenuti è il passo successivo: blog, newsletter, video e articoli possono trattare i problemi più frequenti, offrendo suggerimenti e punti di vista utili. I pain points, in questo caso, si possono usare come leva per creare materiali che accompagnano il lettore verso una soluzione, spiegando il “come” e non solo il “cosa”.
Anche la value proposition può essere riformulata in base ai pain points. Invece di enfatizzare solo le caratteristiche tecniche, diventa più efficace spiegare come il prodotto (o il servizio) elimina un problema specifico. Nel B2B questo approccio è particolarmente apprezzato, perché rende la comunicazione più pragmatica.
C’è poi da tener conto dell’aspetto operativo: se il cliente percepisce un processo come troppo lungo, si può intervenire semplificando i passaggi, rivedendo i workflow, rendendo più immediato l’accesso ai materiali informativi o al supporto. Sono molti i casi in cui la riduzione dei passaggi nella fase di checkout ha avuto un impatto significativo sulla conversione.
Infine, c’è il tema della relazione: usare i pain points come leva non significa mettere ansia al cliente, ma mostrare empatia. Quando un’azienda riconosce apertamente un disagio e dimostra di aver lavorato per superarlo comunica attenzione, affidabilità e capacità di ascolto.
Errori da evitare
Presentare i pain points richiede sempre attenzione: se si parla in maniera forzata del problema, anziché farlo emergere in modo naturale dai dati a disposizione, si rischia di essere percepiti come invadenti ed evocare sensazioni spiacevoli.
Un altro errore è quello di insistere sugli aspetti negativi senza indicare soluzioni. Il marketing basato sul problema funziona solo se, alla fine, mostra un percorso verso un risultato positivo.
Il terzo errore riguarda l’esperienza post-vendita: risolvere il pain point iniziale non è sufficiente se poi l’esperienza non rispetta le aspettative attese o introduce nuovi ostacoli. L’intero ciclo di vita del cliente va considerato in modo coerente.
Creare valore attraverso l’ascolto
I pain points rappresentano una sorta di bussola per chi si occupa di strategie di marketing e vendita, poiché permettono di capire dove il cliente incontra difficoltà, quali emozioni accompagnano il suo percorso e quali aspetti, anche piccoli, fanno la differenza per lui.
Un approccio basato sull’ascolto continuo, supportato da fonti affidabili e analisi oggettive, permette di trasformare i pain points in veri e propri indicatori per orientare le decisioni operative e strategiche. Quando un’azienda lavora in questa direzione, la relazione con i clienti diventa più solida e la proposta di valore più chiara.