Un errore frequente, in ambito commerciale, è quello di considerare valido ogni contatto entrato nel CRM. Un lead B2B, però, è utile solo se ha l’effettivo potenziale per diventare un cliente, e ciò dipende da numerosi fattori.
Di fatto, un lead B2B è un referente aziendale (o un team decisionale) che mostra un certo interesse per i tuoi prodotti o servizi, ma che si trova in una fase molto variabile del percorso d’acquisto. C’è chi è in cerca di un fornitore, chi sta solo esplorando il mercato, chi ha il budget ma non una necessità urgente. Lavorare tutti questi contatti allo stesso modo è inefficiente e rischioso.
La qualificazione del lead B2B non è un filtro: è una lente
Qualificare un lead non vuol dire escluderlo, ma capire se dispone di budget, se ha un’esigenza immediata, se il nostro interlocutore ha potere decisionale o è un intermediario. Significa anche (e soprattutto) capire se il tuo servizio è in grado di risolvere un problema che l’azienda ha interesse a risolvere.
Il lead può essere qualificato con strumenti semplici, come una call conoscitiva ben strutturata, un questionario mirato, un CRM che obbliga a compilare certi campi prima di trasferire il lead alla fase successiva.
Esistono diversi metodi spesso utilizzati per svolgere questa attività.
- BANT (Budget, Authority, Need, Timing): classico, ma ancora utile se usato con intelligenza.
- CHAMP (Challenges, Authority, Money, Prioritization): più adatto quando il valore sta nell’identificare il problema prima ancora della soluzione.
- Scoring personalizzato: da impostare internamente in base al tuo settore, alla storicità dei clienti e ai segnali comportamentali.
A prescindere dal metodo prescelto, comunque, l’importante è essere in grado di applicarlo con costanza e spirito critico.
Segnali da non sottovalutare
Non tutti i lead desiderano parlare con il commerciale nell’immediato (soprattutto se sono contatti freddi). Anzi, la maggior parte esita, rimanda, chiede informazioni generiche: ciò non significa che siano da escludere, ma vanno gestiti con una strategia specifica.
Ad esempio:
- Hanno scaricato una guida o una presentazione, ma non rispondono alle email?
- Hanno interagito con un contenuto del sito a tema prezzo o tempi di consegna?
- Hanno chiesto informazioni senza esplicitare una timeline?
In questi casi, bisogna puntare sul nurturing: una sequenza email automatizzata, dei contenuti educativi ben dosati e una serie di reminder non invadenti sono strumenti che aiutano il lead a maturare nel tempo.
Da lead B2B qualificato a opportunità
Una volta che hai compreso il livello di potenziale del lead, devi capire come accompagnarlo verso la decisione d’acquisto.
Le principali difficoltà di conversione, a questo punto, si riscontrano quando:
- Il lead viene contattato da figure junior senza una strategia.
- Si fa una sola call e poi si attende che il cliente si rifaccia vivo.
- Non si prepara un’offerta basata su quanto è emerso nella fase di qualificazione.
Convertire un lead B2B significa saper coltivare la relazione con intenzione, con disponibilità ovviamente, ma dimostrando anche la rilevanza del proprio prodotto o servizio. Dobbiamo dimostrare di aver ascoltato, colto la natura dell’esigenza e di avere un modo efficace e chiaro per rispondere a quest’ultima.
Chi converte i lead B2B non sempre è il commerciale
In molte realtà, la figura commerciale subentra troppo presto o troppo tardi: se il lead si trova a parlare con qualcuno che probabilmente ha KPI da raggiungere, ma poca comprensione del settore del cliente, non potremo offrire altro che call generiche, follow-up confusi e offerte standard, dando una sensazione di superficialità che ci impedirà di avviare una relazione positiva.
Al contrario, convertono meglio:
- I commerciali che lavorano in sinergia con marketing e pre-sales.
- I team che preparano materiale personalizzato, anche minimo (una demo, un caso studio, un confronto competitivo).
- I venditori che chiedono feedback anche quando la trattativa non va a buon fine, per migliorare il processo.
Quando un lead B2B abbandona il funnel
Anche i lead più promettenti possono raffreddarsi. Di solito, ciò non è dovuto al prezzo, ma alla mancanza di follow-up, alle comunicazioni poco personalizzate o alle attese troppo lunghe tra un contatto e l’altro. Il tempo è una variabile importante, soprattutto quando le aziende ricevono più offerte in contemporanea.
È possibile risolvere questi ostacoli con:
- CRM ben configurati, con alert automatici su lead dormienti.
- Sequenze di reminder non commerciali, con contenuti utili (report, benchmark, articoli settoriali).
- Contatto umano mirato, anche solo per “capire a che punto siete” senza forzare la mano.
Il nostro obiettivo, in ogni fase del percorso, è quello di essere presenti e utili per i prospect, senza farli sentire né abbandonati né assillati dal nostro approccio.
Cosa fare quando il lead non è pronto
Non tutti i lead sono opportunità immediate, però molti lo possono diventare nel giro di qualche mese: scartarli troppo presto è un errore, così come lo è non interagire con loro per troppo tempo.
Ecco perché occorre impostare una strategia per seguire i contatti “silenziosi” anche nel lungo periodo. Potremmo, ad esempio, prevedere:
- Segmentazioni chiare nel CRM: tracciamo i lead da ricontattare in X mesi o i lead in attesa di budget.
- Nurturing a lungo termine con cadenza bimestrale o trimestrale.
- Occasioni di contatto che non siano legate a una proposta, ma a un valore: nuovi trend, aggiornamenti normativi, cambiamenti di mercato.
Qualificare i lead B2B con Trova Clienti
Qualificare i lead B2B richiede metodo, collaborazione e attenzione al contesto. Chi riesce a farlo bene, riuscirà a portare nel funnel i contatti giusti e a convertirli in clienti, senza perdere tempo prezioso su lunghe liste di lead e vanity metrics che non restituiscono alcun valore reale.
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